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Vi allego SICUREZZA ESTREMA, sceneggiatura scritta da me e in cerca di chi abbia voglia di disegnarla. Se non vedi l’immagine qui sotto, puoi scaricarla in legale formato pdf da questo digitale link qua.
Asimov è uno dei primi autori che mi ha fatto appassionare alla lettura e alla fantascienza, e di cui mi misi a cercare i lavori tra usato e nuovo. Non lo leggo da anni ma certe influenze mi sa che rimangono. Tipo l’idea di essere chiari da leggere prima che belli da leggere.
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Sono riuscito a beccarmi la febbre a giugno quindi sono in ritardo col lavoro e di pessimo umore perché dovevo farmi un fine settimana con gli amici e invece mai una gioia. La mail potrebbe essere un po’ più sconclusionata del solito perché mentre la scrivo faccio ancora fatica a concentrarmi.
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Grazie per il feedback che mi avete dato dopo il passaggio a Substack! Nelle prossime edizioni vedrò di fare qualche ritocchino per rendere più leggibili le mail.
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Allo scorso Napoli COMICON sono stato intervistato per Fumettologica da Andrea Queirolo e Andrea Fiamma, trovate l’intervista qua. Sono contento dell’intervista perché ho potuto mettere nero su bianco il nome di alcune delle persone che mi hanno aiutato negli anni a diventare fumettista, e sottolineare di nuovo quanto sia importante il lavoro di Emanuele Virzì ai disegni per la riuscita del fumetto di Lyon.
Poi ho parlato anche di altre cose legate al fare fumetti, che si tratti della mia esperienza personale o cose più generali. Come per esempio l’importanza di capire il mercato e di fare rete conoscendo persone e facendosi conoscere. Due aspetti essenziali, che mi fanno collegare a due discussioni nate nel claudicante mondo del fumetto, italiano e non.
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Allora. Nell’area americana di Twitter è spuntato un hashtag, #comicsbrokeme, usato da diverse persone per raccontare problemi affrontati nel fare fumetti. Problemi che in larga parte riguardano il vedere pochi soldi per il lavoro fatto. Si trovano anche testimonianze dall’Inghilterra, dalla Spagna, dalla Francia, dal Sud America e, ovviamente, dall’Italia. Diciamo che ad aver voglia di leggere ci si può fare un’idea di quanto i vari mercati siano variegati e abbiano al loro interno sia editori che pagano bene ma pure editori col braccio corto o cortissimo. O scoprire cose che magari si crede sappiano tutti ma in realtà sono meno note, tipo che la Image non paga a tavola (tranne rarissimi casi) ma solo in royalties, il che se fai il botto di vendite vuole dire bei soldi. Però in America è uso che nel mercato indipendente, come è Image, chi sceneggia paghi chi disegna di tasca propria per le tavole, quindi vuol dire investire non pochi soldi sperando di rientrare della spesa solo una volta che si vende, e si vende parecchio. Ma andiamo avanti.
Frattanto, MeFu ha pubblicato sui suoi social una serie di consigli dedicati ai contratti, prendendo in esame un contratto preciso e sottolineando alcuni articoli problematici. Potete trovare le osservazioni sul contratto su loro profilo Facebook qua o sul profilo Instagram qua.
In entrambi i casi ne escono, secondo me, due aspetti importanti.
Da una parte la scarsa consapevolezza che un sacco di gente che vuole fare, o già fa, fumetti ha dei contratti o della fiscalità legati al nostro lavoro. Mi ci metto pure io, eh: solo da pochi anni ho cominciato a studiare sul serio per non prendere fregature. La scarsa consapevolezza, per come la vedo io, la si riesce a contrastare solo divulgando forte, per citare l’Angela meno bello.
Quindi è necessario, per esempio, che ogni singola scuola di fumetti dedichi tempo, e non poco, a spiegare come funziona un contratto, quali diritti si hanno, che differenza c’è tra il farsi pagare con p.iva, con cessione del diritto d’autore o altre formule. Così come è necessario che ogni scuola dica chiaro e tondo quanto pagano gli editori. Anche se non si vuole entrare nei dettagli precisi (o non si può a causa di accordi di riservatezza firmati, prassi molto comune), dire a spanne le tariffe delle casse editrici che pagano a tavola( in edicola la forbice è tra i 12 euro e i 60 a tavola per la sceneggiatura, i 30 euro e i 120 euro a tavola per i disegni, ma ci sono chiaramente persone che guadagnano di più perché si sono conquistate sul campo paghe migliori. E penso possiate immaginare quali case editrici da edicola pagano di più, sono solo due), oppure gli anticipi medi e le percentuali medie delle royalties, serve a chi si approccia al lavoro per capire se l’offerta ricevuta ha senso o meno. Perché qua nessuno nasce imparato.
Sì lo so, di fronte a certe offerte bisognerebbe dire solo e sempre di no, quasi in automatico. Ma se una persona ha zero idea di quanto sia un compenso giusto, capire se l’offerta è sana o meno, non è così scontato. Certo, si può pensare a quanto tempo serve per fare il lavoro proposto, ma di nuovo è una cosa su cui non si viene formati e informati, secondo me, in modo adeguato.
Soprattutto se si entra nel mondo degli anticipi e pagamenti in royalties qua in Italia, perché la realtà dei fatti è che, ora come ora, l’anticipo per una graphic novel può essere di 3mila euro, che è considerata una cifra media per chi esordisce (ma c’è chi ne propone mille, o 500, o non ne propone). A questi vanno aggiunte le royalties guadagnate sul venduto, impossibili da prevedere con sicurezza, ma è facile immaginare che per chi esordisce le copie saranno probabilmente poche e quindi, se si ha culo, magari si alzano altri 2-3mila euro. 6mila euro per un tempo di lavoro che non è facile da conteggiare, se si è alle prime armi, ma che chiaramente non può essere inteso come compenso per un impegno full time a meno che il full time non sia di 3-4 mesi. Siete in grado di fare una graphic novel da 100-120 tavole in 4 mesi? Da soli, che se dovete dividere con un’altra persona, l’anticipo non cambia.
Ora, io di gente in grado di fare 30 tavole al mese ne conosco, ma non è un ritmo sostenibile a vita per tutto l’anno.
Quindi, dicevo, scarsa consapevolezza di che cifre girino o di come funziona un contratto se non si ha mai avuto a che fare con una casa editrice. Si possono cercare info online e se ne trovano parecchie per quanto riguarda contratti e fisco, magari non chiarissime perché fisco e legge non sono mai semplici da decifrare, ma le info si possono trovare. Però per il mercato italiano, al momento, difficilmente trovate risorse che dicano precisamente quanto paga casa editrice X. Più facile che lo scopriate parlando di persona con gente che ha pubblicato per quella casa editrice. Insomma, vero che chi non ha esperienza è poco consapevole, ma vero pure che il mercato e il mondo del fumetto non gli rendono la vita facilissima nel trovare info precise, ma non solo. E qua secondo me si apre un altro aspetto del fumetto italiano.
Non c’è abbastanza lavoro per tutte le persone che lo vorrebbero fare, perché il mercato italiano è piccolo, poco eterogeneo e con pochissime case editrici che pagano cifre dignitose. Questo è un aspetto che, di nuovo, andrebbe martellato nelle teste di chi segue una scuola di fumetto (o di chi chiede due dritte e non segue scuole): in Italia il fumetto che paga è quello da edicola, e se vedete quante edicole chiudono e a che velocità, fatevi due conti. In tutti gli altri casi fare fumetti per la libreria significa scommettere di avere così tanto successo da vendere molto. Cioè far parte di un numero di fumettisti e fumettiste davvero ristretto, ma davvero ristretto (e non guardate me, nonostante l’intervista linkata sopra, perché sto parlando di opere originali, non lavori su commissione come quelli che faccio io che, tendenzialmente, vengono pagati con modalità diverse da caso a caso).
Per dirlo in un altro modo: secondo me bisogna essere onesti e dire a chi vuole fare fumetti che per i primi anni sarà, probabilmente, costretto a farlo come secondo lavoro. Anche se avrà la costanza di pubblicare regolarmente, anche se quello che fa è buono e apprezzato, anche se gli propongono un contratto onesto e dignitoso appena esce da scuola o alla sua prima proposta mandata, difficilmente potrà cominciare a guadagnare abbastanza da potersi mantenere coi fumetti appena esordisce.
“Beh ma uno dovrebbe pensarlo da solo” potreste dire, e non penso abbiate torto al cento per cento. Però penso pure che troppo raramente la questione soldi venga affrontata in maniera diretta e schietta nelle scuole, e che le generazioni di fumettisti precedenti, chi ora sta sui 50 anni e alcuni di quelli sui 40, non siano del tutto consapevoli di quanto poco vengano pagati oggi gli esordienti rispetto a 20 o 30 anni fa (e di quante meno possibilità ci siano di fare gavetta o di quanto sia cambiato il mercato), col rischio di far passare l’idea, magari pure in buona fede, che guadagnare discretamente coi fumetti sia più facile di quanto è in realtà. Sì è vero, ci sono possibilità nuove come il crowdfunding o i webcomics, ma parlate con chi usa queste modalità e fatevi spiegare bene quanto tempo ed energia dedicano a tutto quello che non è la creazione di fumetti: molto.
Con queste premesse, per me, una persona che vuole fare fumetti deve guardarsi allo specchio e rispondere a una domanda che è personale, intima e che può intimorire: che fumettista voglio essere? Cioè, che fumetti voglio fare? Perché li voglio fare?
Voglio lavorare per i personaggi con cui sono cresciuto e mi sta bene qualsiasi condizione mi propongano, anche se non è la migliore?
Voglio fare solo roba mia e piuttosto che non vedere i miei fumetti mi autoproduco facendo, sostanzialmente, anche il lavoro di un editore?
Voglio fare solo roba mia ma voglio essere pagato il giusto?
Me ne sto di fare fumetti come secondo lavoro?
Faccio qualsiasi fumetto, basta che ci pago le bollette?
Se si hanno 20 anni non è detto che una persona abbia già le idee chiare su questo aspetto, e se si scontra con un mondo del lavoro fumettistico grigio, nebuloso se non proprio predatorio dal punto di vista economico, facile che il risultato non sia dei migliori.
La responsabilità di chi vuole fare fumetti, secondo me, è principalmente quella di essere autocritici nei propri confronti: essere così onesti da capire se fare fumetti, e il modo in cui li vogliamo fare e quali vogliamo fare, è una cosa che siamo in grado di fare. E badate che non parlo di bravura, talento, l’avere o meno cose da dire e raccontare. Parlo di tutte le skill, professionali e mentali, cui accennavo sopra. Non è detto che le abbiano tutti. Manco io ce le ho. E infatti io non faccio solo fumetti e, a 43 anni, non ho ancora pubblicato una graphic novel tutta mia. Non è detto che chiunque sia in grado di fare i fumetti che vuole.
Non giustifico in nessun modo editori che pagano in noccioline, tantomeno giustifico autori o autrici che trattano con sufficienza chi ha siglato un contratto brutto. Cioè, posso capire che ti parta la madonna quando uno ti dice che ha firmato un contratto al limite della truffa, parte anche a me: la madonna vola soprattutto verso l’editore, ma in parte anche verso chi ha accettato certe condizioni. La differenza è che tendo a stare dalla parte di chi è la parte solitamente debole nella contrattazione, quindi magari smadonno se un esordiente accetta certe condizioni ma molto meno. Non solo perché sono il primo ad aver accettato contratti al ribasso, ma pure perché se vogliamo fare qualche passo in avanti, secondo me, dobbiamo pure evitare di far sentire in colpa chi ha firmato un contratto brutto o accettato un pagamento basso (le due cose possono convivere o meno, magari ti pagano bene ma ti “rubano” i diritti).
Uno dei motivi per cui un sacco di gente non denuncia di aver subito una truffa, e non parlo di fumetti ma delle classiche truffe legate a schemi di Ponzi o vendite irregolari o finire in culti di vario tipo, è che si vergogna di farlo, perché teme lo sberleffo di chi non è stato truffato.
Sarà che sono il primo ad aver firmato un paio di contratti che mi fanno venire voglia di chiudermi le palle in un cassetto, ripetutamente, ma per me non ha molto senso trattare con sufficienza chi ha fatto un errore. Perché nessuno è a prova di errore, nemmeno chi fino a oggi sta facendo fumetti guadagnando bene, è solo questione di tempo, nel lavoro o in altri ambiti, prima che faccia una cazzata. Le facciamo tutti, le hai fatte tu che mi leggi, ne farai altre prima di morire. Magari le farai e manco te ne accorgerai prima che qualcuno te lo faccia notare.
Però se tutti ci mettiamo a raccontare gli errori fatti magari evitiamo che altre persone li facciano. Per questo credo che momenti come #comicsbrokeme possano essere utili, se si analizzano con lucidità, evitando schieramenti opposti, e cercando di sfruttare l’occasione per dare due dritte come fatto da MeFu e altri fumettisti e fumettiste che hanno detto la loro portando testimonianze e, soprattutto, informazioni.
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Vabbè, scusate il pippone, ma sono mesi che non riposo e lavoro, e cerco lavoro e faccio portfolio review in cui mi vengono raccontate le peggio cose, per cui il tema mi è caro sia perché pure io ho bisogno che le cose migliorino, sia perché mi piacerebbe che i contratti orrendi sparissero. O perlomeno si riducessero sempre di più perché sempre più persone informate diranno di no. A proposito di portfolio review: il 23-24-25 giugno mi trovate, con Autori di Immagini, a Bergamo COMICON a fare portfolio review. Faremo pure talk e workshop, ma stiamo definendo il programma, vi aggiorno sui social appena ne so di più. Se fate un salto in fiera fate un fischio. Potrei essere parecchio stanco, se pare che abbia la faccia incazzata sappiate che è quello.
Bella l’estate, se non peggiora sensibilmente la tua salute.
Ci si becca fra una settimana!
Davide Costa