[Appunti dal tavolino di un bar] 0385 - Answered Prayer
No rest no decompression only stress only emptiness
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Vi allego DEEP TISSUE MASSAGE, sceneggiatura scritta da me e in cerca di chi abbia voglia di disegnarla. Se non vedete l’immagine qua sotto, potete scaricarla in rilassato formato pdf da questo sciolto link qua.
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“È utile andare alle fiere e festival editoriali in cerca di lavoro, se si vuole scrivere (fumetti e non)?”
Ottima domanda, che ho già affrontato in passato, ma con la primavera comincia di nuovo la stagione dei festival e degli eventi grossi.
Allora: non credo che ci sia una risposta che possa andare bene per chiunque. E che forse bisognerebbe riformulare la domanda in maniera più personale: che ci volete tirare fuori da una fiera o festival?
Contatti in senso generico? Se è così, penso funzionino molto bene perché è facile riuscire ad attaccare bottone con gente del mestiere e, ancora di più, con gente che il mestiere vuole cominciare a farlo. Chiaramente dipende dal vostro carattere. Io sono insicuro, timido e ho difficoltà a parlare dal vivo, ma bene o male torno da ogni evento avendo quantomeno conosciuto qualche persona nuova.
Capire meglio come funziona il lavoro? Se cercate questo, secondo me funzionano, ma dipende dalla fiera e da quanto riuscite a parlare con le persone che ci trovate. La fiera del libro per ragazzi di Bologna, per esempio, è dedicata soprattutto a professionisti e professioniste del settore. Facilissimo che possiate seguire talk e interviste che parlano proprio del mestiere. Così come, di nuovo, fare due chiacchiere con gente che vuole scrivere o già scrivere e capire meglio come gira.
Capire meglio cosa pubblicano le case editrici? Se cercate questo, anzi, questo lo DOVETE cercare di capire prima possibile, andare in fiera è molto utile. Potete sfogliare con calma i volumi pubblicati dalle varie case editrici e magari scambiare pure due chiacchiere con chi è allo stand (attenzione: magari chi è allo stand non lavora direttamente per la casa editrice me è, appunto, standista. Però di norma conosce bene il catalogo perché deve vendere, quindi chiedere info su che pubblicano male non fa). Lo so che pensate “Ma io leggo un casino, già so chi pubblica cosa!”. Ne sono certo, ma in un festival hai modo di guardare anche cose che non hai comprato e scoprire case editrici che non conoscevi. Credimi, ce ne sono diverse che non conosci. Conoscile.
Trovare lavoro? Allora, le probabilità di andare a una fiera o festival e tornare a casa con un contratto in tasca ci sono, ma sono piuttosto basse. Di gente a cui è successo ne conosco, ce ne sono sempre, ma dipendono da un sacco di fattori. Quindi tentare non nuoce, anzi, tentare è necessario. Ci sono festival che hanno momenti dedicati alle portfolio review, altri che hanno momenti dedicati alla review di proposal/proposte, alcuni hanno entrambi i momenti. Secondo me vale la pena di tentare. Però è bene ricordare una cosa su questo punto, ma un po’ su tutti i punti.
Secondo me pensare che basti andare a una singola fiera e tornare a casa con un contratto o con contatti che in poco tempo porteranno lavoro è un po’ troppo ottimista. Ripeto, capita. Ma se guardiamo ai grandi numeri, le persone che trovano lavoro sono quelle che se decidono di andare agli eventi lo fanno regolarmente, per un periodo di tempo non breve. Qua si apre l’altro aspetto che non può essere evitato quando si parlare di andare agli eventi.
Andare a fiere e festival costa. Costa tempo, costa fatica e costa soldi. Quanto tempo, quanta energia e quanti soldi potete dedicare nel cercare lavoro lo potete sapere solo voi e nessuno può farvi i conti in tasca. Solo voi potete sapere quanto potete “spendere” di queste tre risorse prima che il gioco non valga più la candela.
Dal mio canto l’unico suggerimento che posso darvi è di non scoraggiarvi se dopo uno o due anni ancora non avete firmato un contratto. Per certi versi sono tempi fisiologici che servono a chi riceve portfolio e proposte per vederne e valutarne la qualità, soprattutto quando vi dice “Ora no, ma fammi vedere qualcosa di nuovo fra qualche mese.”.
L’idea che sia normale andare a un festival o fiera e trovare subito lavoro, alla prima, secondo me è un’idea che fa più bene che male a chi vuole fare un lavoro creativo. Perché, lo ripeto, capita ad alcune persone ma è un numero piuttosto basso rispetto alla quantità di persone che si propone.
I numeri di chi riesce a trovare lavoro aumentano con l’aumentare del tempo che si passa a proporsi. Essere creativi, di mestiere, non è uno sprint, è una maratona fatta di maratone. Non mollate al primo km, ma nemmeno al decimo, se ci tenete moltissimo.
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Riprendo un’immagine che vi ho mandato settimana scorsa per vedere se riesco a spiegare un concetto che spunta ogni tanto nelle lezioni di sceneggiatura.
Da sinistra a destra: The Rock, Roman Reigns, Paul Heyman e Cody Rhodes.
The Rock sta puntando alla cintura di campione che tiene in mano Paul ma che, attualmente, cinge il fianco, per così dire, di Roman che è il campione in carica. Cody è il diretto contendente al titolo.
In sintesi: la storia che stanno raccontando è quella di Cody che vuole battere Roman per il titolo. La più basilare delle storie nel wrestling, un racconto agonistico in cui sport e intrattenimento sono fusi insieme (se amate i manga vi staranno venendo in mente mille esempi in cui questo è il motore primo di mille storie): due tizi si prendono a schiaffazzi per decidere chi è il campione. Bello liscio.
Però, se ci fosse di più?
Roman Reigns è parte di una famiglia di wrestler tra le più note e rinomate del mondo, un albero genealogico che se tiri una freccetta becchi tre wrestler. Sono tipo 4-5 generazioni di wrestler, molti di altissimo livello. Tra questi anche The Rock per un patto di sangue tra i suoi genitori e antenati di Roman, motivo per cui è al suo fianco in quella foto.
Cody Rhodes è figlio di Dusty Rhodes, uno dei wrestler più carismatici e di successo degli anni ‘70-’80, ideatore di un paio di match divenuti dei classici, grande booker (cioè sceneggiatore nel gergo del wrestling), amatissimo dal pubblico. Non solo. Cody ha un fratello che si chiama Dustin Rhodes, conosciuto anche come Goldust, altro wrestler super-amato, con un passato molto incasinato (nella realtà) e una carriera con molti bassi ma con alcuni alti così alti che ormai è cementato nel gotha del mondo del wrestling. Dusty è morto da pochi anni, Dustin lavora per un’altra promotion di wrestling rispetto a quella di Cody, Rock e Roman.
Lo intravedete il tema che c’è sotto la banale trama “due wrestler si menano per vedere chi merita la cintura”? Due famiglie che si scontrano, due dinastie molto diverse per stile e cultura, due generi di wrestling in rotta di collisione per vedere quale ne uscirà con la cintura in mano.
E mi sto limitando al primo tema della storia che mi viene in mente. Perché ci sarebbe da analizzare anche il ruolo divenuto ora corporativo di The Rock, che dopo una serie di flop devastanti al cinema torna al wrestling, o di come Cody sia andato via dalla WWE sbattendo la porta per rientrarvi ora come figliol prodigo amatissimo dal pubblico.
Quindi la storia è la solita, vedere chi vince la cintura e, per ora, è considerato il più forte. Ma il tema della storia, anzi i temi, sono altri, sono quello che rendono la storia più interessante della media. Certo, essendo wrestling i temi te li urlano in faccia tra una seggiolata e l’altra, non ci vanno per il sottile.
Però se pensate a Rocky, per rimanere nell’ambito di storie di gente che si mena e con legami stretti al wrestling*, il discorso resta: un conto è la storia (ce la farà Rocky a vincere?), un conto è il tema che la sostiene (ma combatte per la cintura o per qualcos’altro?).
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“Ok ma allora come cacchio trovo lavoro?”
Eh, ci vuole pazienza. Che lo so che può suonare molto paternalistico, ma io ho pubblicato la mia prima storia più o meno nel 2007, e posso dire di fare lo scrittore a tempo pieno solo dal 2020. Siamo nel 2024, ho 44 anni, e ho ancora il terrore che tutto possa finire da un momento all’altro.
Il lavoro lo trovo andando alle fiere, tutti gli anni, almeno alle più grosse, come se me lo avesse prescritto il dottore, perché come dicevo sopra credo possano essere utili.
Ma il lavoro me lo cerco costantemente facendo rete: conoscendo persone che fanno fumetti da molto prima di me, chi li fa da quando li faccio io, chi da dopo, chi sta incominciando ora. Questo perché nel libero professionismo il passaparola è fondamentale e se non fai sapere al mondo editoriale che esisti e vuoi fare fumetti, il mondo editoriale non ti verrà a stanare a casa. Mostra le tue cose a chi fa fumetti che ami, chiedi due dritte, mostrale a chi come te sta cominciando, confrontati. Ma ingoia uno dei bocconi più grossi, amari e spigolosi: ci vuole molto tempo per far diventare il fare fumetti un lavoro. Per ogni persona che conosci che ha trovato lavoro in poco tempo, ce ne sono 10 che ci hanno messo anni.
E non credere che chiunque pubblichi fumetti si mantenga facendo fumetti.
“Ma quindi devo dedicare buona parte del mio tempo a cercare lavoro?”
Sì. Puoi anche appoggiarti ad agenti e agenzie, su questo argomento io ho intenzione di parlare più in là dopo aver accumulato esperienza diretta ed essermi confrontato con più persone però valuta anche questo: ci sono agenzie e service editoriali (tecnicamente sono due cose diverse) che hanno un gruppo di autori e autrici che lavorano con loro e/o per loro. Può funzionare.
Ma soprattutto, come ho detto più volte, guardati allo specchio e rispondi a una domanda: che fumetti vuoi fare?
Perché il percorso per l’edicola e quello per la graphic novel da libreria sono molto diversi tra di loro, e spesso nemmeno si incrociano, per motivi produttivi ma pure di intenti da parte di chi vuole fare fumetti.
A prescindere dal fumetto che vuoi fare tutto il resto rimane: fai vedere quello che sai fare a più persone possibile e pur nel nervosismo dell’attesa conosci gente con cui fare rete.
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*Primi legami tra Rocky e Wrestling che mi vengono in mente: Hulk Hogan appare in Rocky III nel ruolo di Thunderlips, un lottatore di wrestling che ha un match con Rocky. Sempre in Rocky III appare Mr. T nel ruolo di Clubber Lang, forse uno dei villain più cazzuti e rabbiosi della storia del cinema. Mr. T sarà compagno di Hulk Hogan in un tag team match nel primo Wrestlemania di sempre, 40 anni fa.
Inoltre Mr. T sarà insieme ad Hulk Hogan quando Hogan farà svenire, involontariamente, il Detective Munch di Law & Order durante un late night show, ma questa ve la racconto un’altra volta.
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E pure questa la mandiamo, un po’ di fretta come al solito, ci sentiamo presto.
Bella la primavera se il muco non ti vuole uccidere.
Ci si becca fra una settimana!
Davide Costa