[Appunti dal tavolino di un bar] 0419 - How I Look
The illnesses of the parents are to be laid upon the children
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Vi allego OCCHI BRAMOSI, sceneggiatura scritta da me e in cerca di chi avesse voglia di disegnarla. Se non vedete l’immagine qua sotto, potete scaricarla in retinico formato pdf da questo diottrico link qua.
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“Ma da sceneggiatore come mi creo un portfolio?”
Storie brevi, o magari storie da una pagina sola. Ma non mostrare le sceneggiatura, mostra le tavole finite.
“Ma quindi devo farle disegnare anche se sono esordiente?”
Sì, perché se mostri qualche tavola autoconclusiva disegnata e 2-3 storie brevi, da 4 tavole, disegnate riesci a mostrare in pochissimo tempo se sai sceneggiare e come scrivi i dialoghi. Ma non solo.
Se riesci a far disegnare qualche storia breve impari a relazionarti con chi disegna, a capire se effettivamente sceneggi in modo chiaro, magari puoi variare un po’ generi e toni delle storie e quindi sperimentare e soprattutto finché non vedi le tue sceneggiature finite non puoi capire fino in fondo se hai sceneggiato bene o meno: certe cose ti balzano agli occhi solo quando vedi la tavola disegnata.
Quindi ti tocca dedicare del tempo a scoprire gente che disegna, contattarla, proporre una collaborazione e vedere che succede. Così nel frattempo fai girare un po’ il tuo nome.
Richiede tempo, ma funziona molto bene perché impari a fare fumetti facendoli e una volta che vuoi far leggere quello che sai fare sarà l’editor a poter risparmiare tempo, quindi magari sarà più propenso a dedicartene un po’.
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“Chi sceneggia di professione può scrivere qualsiasi cosa? Cioè, è in grado di scrivere qualsiasi tipo di storia?”
Bella domanda. Dato che il 90% del mio lavoro consiste nello scrivere storie su commissione, nel senso che arriva qualcuno a chiedermi di scrivere un certo genere, per un certo pubblico, con un certo tema, in una certa quantità di pagine, in un certo periodo di tempo, è una domanda che mi viene fatta abbastanza regolarmente. Non ho una risposta super precisa per cui opto per un generico: dipende.
Nel senso che nel mondo della perfezione e delle infinite possibilità, mi piacerebbe poter dire che io sono in grado di scrivere qualsiasi tipo di storia. Allargando il discorso a chiunque scrive di lavoro, posso ipotizzare che esista qualche persona che in effetti è in grado di scrivere qualsiasi tipo di storia. E quando dico qualsiasi, dico qualsiasi: dal dramma politico-sociale di ambientazione storica fino alla commedia surreale più scema, passando per disturbante horror gore e film romantici per teenager. Proprio tutto tutto tutto. Se persone così ci sono, immagino siano poche. Soprattutto in grado di scrivere ogni tipo di storia in modo eccellente. Tornando a me, dubito di essere in grado di scrivere con la dovuta cura e preparazione, per esempio, un dramma politico-sociale ambientato negli anni ‘70 in Italia. Sì, vero, uno si può documentare. Però.
Però ci vuole pure una certa sensibilità per scrivere un certo tipo di storie senza cadere nel puro mestiere. Sottolineato che non c’è nulla di male nello scrivere storie di puro mestiere (è, abbastanza letteralmente, il mio… mestiere) il rischio è di scrivere una storia con il potenziale di raccontare qualcosa di emotivamente forte ma di non farcela non per limiti tecnici ma di cuore e pancia, di quelle parti che si riescono a mettere in una storia proprio perché pescano dalla nostra sensibilità. E la sensibilità, il proprio gusto, la propria visione delle cose, il proprio orecchio e altre facce della stessa medaglia di cui vi sto parlando, a volte, entrano in gioco anche quando si racconta lo stesso genere. Penso alla commedia, o chiamiamolo genere comico.
Non è detto che uno che ha un forte senso dell’umorismo e riesce a raccontare storie divertenti sia in grado di raccontare ogni tipo di storia divertente. Rimanendo nell’ambito del fumetto italiano, pensate alle battute di Zerocalcare, Sio, Leo Ortolani o Pera Toons. Ciascuno ha la sua cifra stilistica, ognuno ha il suo approccio al comico, ciascuno ha una serie di tematiche ricorrenti, ognuno ha il suo tono preciso. Come esercizio mentale immaginate che tra di loro si scambino i personaggi e li scrivano: secondo voi riuscirebbero a imitare i rispettivi stili? Badate: non dico a fare una parodia dello stile dell’altro (cosa che cmq non è mai facile come potrebbe sembrare) ma dico proprio a mimare l’altro al punto dal non far capire che a scrivere non è un’altra persona.
Magari ce la farebbero eh, sia chiaro, ma non è assolutamente scontato che ci riuscirebbero. Questo perché nonostante siano persone che sanno far ridere, lo sanno fare ognuno a modo proprio. E qua entra in gioco lo sceneggiatore su commissione, nella precisione il sottoscritto.
Che io ogni tanto collabori con Pera Toons non è un segreto, mi diverto parecchio a farlo perché abbiamo tratti in comune per quanto riguarda la comicità, Alessandro è una persona piacevolissima con cui collaborare e sono molto contento dei volumi che abbiamo fatto in collaborazione. Quando abbiamo cominciato a collaborare ho fatto, però, quello che faccio sempre quando devo lavorare con personaggi e persone nuove: mi sono studiato i suoi fumetti e l’ho fatto a lungo. Proprio perché non è detto che mi venga naturale scrivere ogni tipo di storia e genere, anche quando è un genere che amo come il comico. Quindi studiandomi Pera mi sono cercato i dettagli nelle mie corde e ho trovato anche quelli a cui mi potevo avvicinare di più per dargli quello di cui aveva bisogno.
Potrei fare la stessa cosa con, che ne so, Sio o Ortolani? Onestamente, non ne ho idea, perché pur leggendoli da anni non ho mai fatto quel tipo di lettura/studio che si fa quando si deve lavorare. Sarebbe curioso farlo per, appunto, studiare un tono diverso, ma non posso dare per scontato che sarei poi in grado di entrare nel loro mood. Ma perché mi pongo il dubbio? Perché più tipi di storie sai scrivere, più aumenti le probabilità di trovare potenziali lavori.
Cioè, se ti interessa scrivere solo ed esclusivamente horror, cosa più che legittima, ti infili in un genere bellissimo ma che ha un mercato che è quel che è, soprattutto in Italia. Se aumenti i generi che puoi scrivere, aumenti le occasioni di lavoro (occasioni eh, non certezze di lavoro). Idem per quanto riguarda il tipo di pubblico. Io scrivo principalmente per la fascia da 0 a 18, con un focus su quella 8-12 circa. Quando scrivo le mie cose personali scrivo anche per adulti, ma il grosso della mia produzione è per bambini-ragazzi. Ho colleghi molto molto bravi che sono così onesti con se stessi da non scrivere per ragazzi perché sanno che non è cosa loro. Io, per esempio, ho forti dubbi che saprei scrivere una storia romantica, ma romantica sul serio. Ognuno c’ha le sue.
Questo lungo pistolotto per dire: solo perché una persona scrive di professione non è detto che sappia scrivere bene ogni tipo di storia, ma di sicuro ha convenienza nell’imparare a scrivere più tipi e generi di storie per una questione banalmente alimentare. Stiamo parlando del mestiere di scrivere, qua, non dell’arte dello scrivere.
E, come sempre, si tratta di scelte personali. A ciascuno, letteralmente, la propria storia.
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E pure la terza mail di Novembre arriva dentro le vostre ben corazzate caselle mail. Questa vi arriva dall’Inghilterra, per questo è un po’ più breve e meno coesa del solito. La prossima andrà meglio, forse.
Bello viaggiare quando te lo puoi permettere.
Ci si becca fra una settimana!
Davide Costa