[Appunti dal tavolino di un bar] 0453 - Perpetual Deception
Shelter feels like a well dressed cell
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Vi allego SLOW KART, sceneggiatura scritta da me e in cerca di chi avesse voglia di disegnarla. Se non vedete l’immagine qua sotto potete scaricarla in lento formato pdf da questo competitivo link qua.
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“Come posso migliorare nello scrivere XYZ?”
Scrivendo molto spesso XYZ.
Che è una battuta ma solo in parte: per migliorare nella scrittura bisogna scrivere regolarmente, e a volte la cosa può generare noia, ansia o paralisi. Per me un approccio utile può essere vedere la scrittura come una capacità da allenare, come una qualsiasi altra capacità. Quindi se ci si vuole allenare ci si può confrontare con qualche esercizio, avendo magari degli spunti da cui partire. Oggi ve ne racconto due, ma ce ne sono a centinaia, e parlerò di umorismo.
Ora, diciamo che avete bisogno (o voglia) di migliorare nel creare qualcosa di divertente. Perfetto, partite da uno dei principi base dell’umorismo: i contrasti possono suscitare comicità. Cioè prendete due, o più, cose che non dovrebbero stare insieme, ma che magari possono farlo per una sterzata del pensiero laterale, e vedete se il risultato può essere divertente.
Ora vi metto un’immagine molto banale qua sotto, la foto è vera:
Era girata abbastanza durante, indovinate un po’, il conclave che si è tenuto pochi mesi fa ed è solo una delle diverse foto parecchio suggestive apparse in quei giorni. La foto, di suo, può essere appunto suggestiva ma difficilmente suscitare da sola una risata. E non sto dicendo che di sicuro la suscita nella mia versione qua sopra con aggiunte due parole. Dico che potrebbe suscitare una risata, o almeno un cenno di intesa, se sapete a che si riferisce la scritta Ghost. Ghost è una band, e il suo cantante, di cui ho già accennato in passato, è truccato nel modo che vedete nella foto che metto qua sotto:
Credo basti questa foto di Papa Emeritus, anzi delle sue cinque incarnazioni, per spiegare la battuta della finta copertina che ho creato: il cantante dei Ghost è un papa, la band ha un’immagine fortemente ispirata all’estetica cattolica e in particolare a quella papale, l’idea di un loro singolo intitolato Conclave ha la sua logica. Fa ridere? Eh, quello dipende un po’ dall’umorismo di chi guarda l’immagine, ma ancora di più dal suo conosce o meno il riferimento.
Un po’ come quest’altra immagine che vi metto qua sotto:
Se avete visto il Nosferatu di Eggers, o anche solo la campagna di marketing, immagino riconosciate il font con cui è scritto… Nosferatu, è quello del poster ufficiale. Dato che, purtroppo, la serie non è particolarmente di successo in Italia, magari non riconoscete il personaggio: si tratta di Nandor the Relentless, un dei protagonisti di What we do in the Shadows, serie tv comica. La serie segue le vicende di un gruppo di vampiri che convivono in una vecchia villetta a Long Island. Nandor è originario del sud dell’Iran ed è stato un guerriero dell’Impero Ottomano, parla inglese ma con un accento pesantissimo. Ed è questo accento che me lo ha fatto accostare al Nosferatu di Eggers (se avete visto il film lo sapete come parla), facendomi venire in mente di sfottere una delle cose che ho faticato a prendere sul serio del film. Di nuovo, questa immagine, sempre che faccia ridere, ha la sua logica perché ho messo vicino due cose che possono starci per una certa vicinanza culturale (vampiri di un altro tempo che parlano in inglese con un accento pesantissimo) e può essere capita se chi la guarda conosce i due riferimenti.
L’esercizio è tutto qua: pensate a qualche immagine che abbia un’identità piuttosto forte, e provate a trovare una o due parole che in qualche modo creino un contrasto con l’immagine stessa. Se ci pensate è, in parte, il modo in cui funzionano i meme (e le vignette della Settimana Enigmistica, non è che i meme siano nati nel vuoto pneumatico dell’intrattenimento popolare…), ma pure la pubblicità, i poster di propaganda e la comunicazione scritta e per immagini in generale: immagine facilmente comprensibile, parola o frase chiara e che arrivi velocemente.
E parlando di meme o quasi, c’è un altro esercizio che può funzionare per impratichirsi con la comicità: prendere una striscia comica, toglierle i testi e cercarne altri che facciano comunque ridere. Per esempio:
I testi di queste due vignette qua sopra li ho scritti io, perché detesto il caldo, figuratevi le ondate di caldo. Ora, probabilmente avete visto e stravisto il meme del cane circondato dalle fiamme. Benissimo, tanto avete capito il senso dell’esercizio: cambiare le battute nelle due vignette, o magari usare solo il balloon nella seconda, per far dire al cane qualcosa che possa far ridere. Tutto qua. Il vantaggio di un esercizio di questo tipo è che, secondo me sia chiaro, da in mano a chi ci prova già parte del materiale, una base su cui lavorare, che può indicare un pochino la via ma soprattutto togliere quell’ansia da pagina bianca che ogni tanto capita.
Peraltro parlando di contesto e riferimenti, se vi siete mai chiesti da dove arrivino quelle due vignette, è presto detto, da questa striscia comica di KC Green:
L’ha messa online nel 2013 e nel tempo è diventato un classico dei meme.
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Settimana scorsa vi ho parlato un pochino di agenzie, accennandone anche sul mio profilo Facebook. Davide Aicardi, sceneggiatore con un curriculum lungo un braccio da giocatore di basket, ha fatto un’osservazione molto puntuale su un dettaglio importante. Io su Facebook ho messo questa immagine:
E Davide ha sottolineato come e perché il termine “clienti” possa essere fuorviante, ma leggete voi qua sotto che, secondo me, si è spiegato benissimo:
La distinzione è molto importante perché tra service e agenzia cambia il tipo di rapporto con gli autori, e il fatto che a volte un’agenzia possa essere anche service può generare un po’ di confusione.
Se volete scoprire le mille attività di Davide lo trovate su Instagram andando qua.
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Sono senza consegne ed è estate.
“Vai in vacanza!”
Vorrei ma non posso, per cui tenterò di tirare le fila di un paio di proposal. Ma poi con un proposal, che ci fai?
Ecco…
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“Come contatto una casa editrice?”
Classicone delle domande. Però secondo me c’è un passaggio che deve precedere il mandare il proposal, che poi è un’altra classica domanda:
“A che casa editrice lo mando?”
Ecco, la risposta un po’ secca: lo sai tu. Nel senso che tu sai che storia vuoi raccontare, sia per contenuti che per tono e di che genere e magari anche per quale età. Quindi sei tu che devi farti un giro in fumetteria e libreria e dedicare tempo al capire cosa pubblicano le case editrici. L’ideale sarebbe che ti leggessi diversi fumetti e libri pubblicati da una casa editrice per capire se è quella giusta.
Teoricamente se scirvi vuol dire che leggi parecchio, quindi questo passaggio non dovrebbe essere per te un problema.
La scelta della casa editrice giusta da contattare è importante perché ti fa risparmiare tempo (non devi aspettare che quella sbagliata ti risponda dicendo “Bello, ma facciamo altro”) ma pure perché aumenta le probabilità che possano dirti di sì (o magari no ma essere comunque interessati a sentirti di nuovo, può succedere se mandi roba di qualità).
Chiedere suggerimenti ad altre persone su quale casa editrice contattare secondo me ha molto senso, perché non è detto che tutti conoscano tutte le case editrici, soprattutto per la narrativa che ha un mercato molto vasto e frammentato. Però sono pure convinto che una volta dato uno spunto sia compito di chi ha scritto approfondire e capire se, anche un po’ a pelle, la casa editrice è nelle proprie corde.
Potrebbe sembrare un uso del proprio tempo poco utile ma no, rientra in tutte quelle attività che non sono scrivere ma che servono a fare della scrittura una professione.
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E pure la seconda mail di luglio scivola nella vostra casella di posta in cerca di refrigerio. Spero vi stiate riposando, ne avete bisogno.
Bella l’estate se sei un calippo su cui non usano i denti.
Ci si becca fra una settimana!
Davide Costa